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La sinistra è davvero morta?

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E mentre ascolto la sigla del cartone animato di Jem, saltano fuori vari pensieri sparsi. Alcuni sensati(pochi) ed altri insensati(la maggioranza).  In 38 anni di vita, posso dire che:"la vita fa schifo", per vari motivi che non sto qui ad elencare. Il lamentarsi perchè le cose vanno male deve essere una sorta di sistema di autodifesa, se no non se ne spiega l'utilità. Passano gli anni e i bei ricordi si riducono. Un po' come i fiumi e i laghi in tempi di siccità. In compenso aumentano i ricordi orrendi che vorresti dimenticare e che invece restano lì a ricordarti i tuoi fallimenti. Peccato che siano talmente tanti che ti viene da chiederti se la colpa non sia in gran parte tua. Infatti. La colpa è nostra dei nostri fallimenti. Perlomeno lo è della maggioranza.La ricerca di un capro espiatorio è diventata la moda del momento. La situazione economico-politica è colpa del buonismo(una parola che odio, perchè non ha nessun significato reale). Come se essere buoni, alt

Dio vs Diavolo

DIO NON ESISTE La storia della cacciata dall’Eden da parte di Dio, pare sia un plagio della cultura sumera. In pratica la storia riale al 2500 a.C., Il paradiso dei Sumeri si chiamava Dilmun e può essere identificato nel golfo Persico (Bahrein).[3] In questo luogo, dove non esistevano malattie e morte, il dio Enki usava accoppiarsi sessualmente con le dee sue figlie. Dopo aver mangiato i frutti degli alberi creati dalla dea Ninhursag viene da questa maledetto e condannato a molteplici mali. Una volta riappacificatasi, per far guarire il dio Enki la dea Ninhursag crea varie dee il cui nome corrisponde alla parte del corpo del dio. Fra le altre, in relazione alla costola, Ninhursag crea una dea dal nome Nin.ti che significa "dea che fa vivere" e "dea costola" (sumerico TI = vita e costola). Questo significato, traslato in ebraico, potrebbe aver dato origine alla figura di Eva. In un altro mito sumero il contadino Shukallituda, non riuscendo a coltivare la sua

VITA DA CANI

Oggi pare che sia più importante la forma che la sostanza, in qualsiasi settore della propria vita. Questo porta a un cortocircuito inevitabile, dovuto soprattutto all’ignoranza e alla tuttologia che la fanno da padrone. Uno stato in continua evoluzione ed involuzione spesso volontaria e altrettanto spesso involontaria. Trovare un nemico comune da combattere, come se il problema fosse il singolo e non la collettività. Diventa difficile fare distinzioni e sovrapposizioni perché tutto diventa il contrario di tutto e ogni opinione(per quanto inconsistente) ha un peso spesso insostenibile, ma predominante. Ci si sofferma al sostantivo usato impropriamente, al congiuntivo assente indipendentemente dalle idee di fondo. L’anarchia del pensiero unico predomina su tutto e tutti. Chi critica viene considerato il nemico da abbattere senza esclusione di colpi. Cercando ogni punto debole per farlo accasciare a terra esanime. Non importa che il suo pensiero sia oggettivo, ciò che conta è i

Un colpo di spugna

Un giorno uno specialista mi disse:” la depressione si può curare solo se cominci a volerti bene.” Questo è il fulcro della difficoltà: volersi bene. Anni ed anni di continue autovessazioni, non si possono cancellare con un colpo di spazzola. Ci vuole un lavoro su se stessi lungo e laborioso. Non basta volersi bene, occorre anche volerlo, cercando di autoconvicersi che è la cosa più giusta da fare. Ma non è semplice. Il buco nero che è la depressione, risucchia ogni voglia di cambiamento, ogni azione diventa un’impresa insormontabile. Molti danno soluzioni pratiche e semplicistiche, nemmeno fossero dei politici consumanti. Purtroppo soluzioni semplici non c’è ne sono. Anzi. Sono complesse e impegnative. Provi in ogni modo a superare quello scoglio ma, puntualmente, cadi. Cadi in quella che è la bocca di Ade senza riuscire a risalire. Trovi ostacoli anche banali, che chiunque riuscirebbe a superare, ma tu no, tu non riesci. Non vedi la luce al di là del tunnel, vedi un buio inf

Dopo due anni di assenza

In due anni sono cambiate tante cose e tante altre sono rimaste uguali. Un giorno incontro in stazione un ragazzo di 37 anni. Parliamo del più e del meno è facciamo amicizia. Ci salutiamo e ognuno va per la sua strada. Dopo la chiacchierata mi fermo per qualche ora in stazione e guardo le decine di persone che salgono e scendono dal treno chiedendomi cosa pensano, chi amano, chi odiano. E nasce una sorta di gioco. Passano due ragazzi sulla ventina. Un ragazzo alto, leggermente stempiato, in giacca e cravatta, l'altro, più curato, in jeans e felpa con cappuccio. Parlano, ma sono lontano per capire che dicono. Allora mi immagino la loro conversione. Il ragazzo in giacca e cravatta parla del suo lavoro snervante e privo di sbocchi(probabile vista l'aria di uno che ormai si è rassegnato alla sua vita), capo inclinato, sorriso semi accennato, visibile stanchezza dovuta allo stress. L'altro, lo consola(ha l'aria di un bravo ragazzo, a cui non da fastidio sentire i problemi d